Q: Come ti è saltato in mente di diventare consigliera di parità?

A: Bella questa domanda, in perfetto stile Promise! Me lo sono chiesta anche io sai, e non scherzo, all'indomani della mia designazione.
Come spesso accade nella mia vita professionale, ci sono dei momenti in cui sento delle spinte irrefrenabili verso il fuori, verso il cambiamento che mi lasciano stranita per qualche tempo, tra la paura di buttarmi e la curiosità di osare. Poi mi riprendo, e di solito mi lancio. Come in questo caso!

Era il mese di dicembre del 2019 quando ho deciso di presentare la mia candidatura al ruolo di consigliera di parità della provincia di Bergamo. Stavo vivendo un momento di profondo cambiamento personale, come donna, e di appassionato impegno professionale per le donne. Quella situazione di disequilibrio ed equilibrio era perfetta per salire sul treno che mi stava passando davanti, quello che ti riconosce il privilegio di occuparti concretamente delle pari opportunità tra donne e uomini nel mondo del lavoro.

Q: Come hai saputo dell’esistenza delle consigliere di parità? Secondo te qual è la percentuale tra le persone che conosci che ne hanno mai sentito parlare?

A: Occupandomi professionalmente di violenza di genere in qualità di avvocata penalista, avevo avuto modo di partecipare ad eventi ed iniziative formative che prevedessero la partecipazione ovvero il patrocinio della consigliera di parità.
Sono stata fortunata, quindi, nel poter cogliere le tante sfaccettature che caratterizzano le prerogative proprie di questo ruolo istituzionale. Non per tutte e tutti è così. Quando sono stata designata prima, dal Presidente della provincia, e nominata poi dalla Ministra del lavoro e delle politiche sociali, ho ricevuto tanti complimenti e tante domande del tipo: "Ma di fatto di cosa ti occuperai?" Ho quindi capito che nel mio programma di lavoro avrei dovuto dedicare molte energie a rendere visibile e concreta l'azione di questo organismo che per legge è chiamato a intraprendere ogni azione necessaria a garantire il rispetto del principio di non discriminazione e a promuovere le pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori.

Q: Come hai spiegato a tua figlia Emma il tuo lavoro?

A: Mia figlia Emma ha dieci anni, e da grande sogna di essere una Ricercatrice e Attivista. In questa aspirazione confesso che ha giocato un ruolo importante la lettura e rilettura vorace del libro "Storie di bambine ribelli". Uno e Due, ovviamente.
Con lei, che rivendica di vestirsi con i calzoncini da calcio del fratello e di sperimentare tutto ciò che di bello offre la vita, non è stato difficile spiegarmi. È bastato dirle che da consigliera avrei avuto il privilegio di contribuire a rendere le opportunità per bambine e bambini di essere ciò che vorranno da grandi più vicine ai loro sogni, senza pensare che esistano lavori da maschi e lavori da femmine.

Q: Ok, come lo spiegheresti a un uomo?

A: Innanzitutto una premessa. Ad alcuni uomini ho dovuto spiegare perché ancora oggi il ruolo della consigliera di parità sia irrinunciabile. Aleggia, in certi contesti, una diffusa (e non sempre maliziosa) percezione che esista altro a cui pensare perché non esistono reali situazioni di squilibrio di genere. In queste conversazioni, il focus del discorso tende a scivolare, nello storytelling maschile, sull'importanza di garantire la meritocrazia e non il genere. Quasi che situazioni come il gender pay gap (e cioè il divario di retribuzione tra uomini e donne a parità di incarichi) o i c.d. soffitti di cristallo (e cioè contesti in cui l'avanzamento di carriera di una donna sia ostacolato da discriminazioni di genere) fossero questioni non pertinenti al genere.

Q: Cosa ti piacerebbe realizzare nel tuo mandato?

A: Sono stata nominata in piena pandemia da Covid 19, in cui dolore e sofferenza dominano il nostro presente e le aspettative che abbiamo per il nostro futuro. Non voglio entrare nella retorica per la quale questo tempo ci renderà persone migliori perché ciò che ora caratterizza le nostre vite, ad ogni livello, personale, sociale, economico, è la fatica, il disorientamento e per molti, troppi, il confronto diretto o indiretto con la morte. In questa cornice, stiamo anche assistendo ad un aggravamento delle diseguaglianze tra donne e uomini. Pensare, dunque, alla ripresa significa essere consapevoli che la risposta alla crisi non può prescindere dal rivendicare il ruolo delle donne, dal ridistribuire le mansioni familiari di cura e, in altri termini, dal mettere a tema la centralità della questione di genere tanto nel mondo del lavoro dipendente, quanto in quello del lavoro autonomo e delle libere professioni. Un sogno nel cassetto? Dialogare con il mondo carcerario per essere aiutata a comprendere i problemi relativi all'accesso al lavoro ed ai percorsi di formazione professionalizzante delle donne private della libertà personale, la cui condizione giuridica spesso accentua elementi di complessità personali molto forti.

Q: Chi saranno i tuoi alleati e chi i tuoi nemici i questo percorso? 

A: Il primo alleato vorrei che fosse mio figlio Pietro, a simboleggiare una intera generazione di giovani chiamati a crescere nella consapevolezza che la diversità tra uomo e donna non rappresenta una competizione, ma una ricchezza. Che la condivisione del lavoro di cura all'interno della famiglia è una dimensione fondamentale dell'autonomia personale. Che la segregazione dentro percorsi di studi tipicamente maschili (come quelli scientifici o tecnologici) o femminili (come quelli orientati, appunto, a professioni di cura) non è altro che uno stereotipo di genere che tarpa le ali all'immaginario del possibile e alle potenzialità di ognuna e ognuno.
Di nemici non dovrei incontrare proprio nessuno. Perché mai dovrebbe esistere qualcuno contrario a declinare in ogni sua dimensione il principio dell'uguaglianza di fatto senza distinzione di sesso?

Q: Last, c’è mai stato un consigliere di parità uomo? Perché no? Ohhh 

A: Certo! La provincia di Trento ne ha ben due: Matteo Borzaga e Emanuele Corn.
Anzi, approfitto qui per dire che mi piacerebbe proprio fare la loro conoscenza!