Promise for word: Complessità, Diritto e Genere

L'esperienza umana del vivere ci restituisce una costante interazione tra femminile e maschile, parzialità in dialogo che ospitano la complessità del duale.

Complesso, dal lat. complexus, part. pass. di complecti «stringere, comprendere, abbracciare» è ciò che risulta dall’unione di più parti ed elementi. Complessità è certamente Promise che, in questo spazio, si affaccia al Diritto in una prospettiva insolita, dialogante, con la questione di Genere.

Il concetto di Genere nasce con i movimenti femministi che avvertirono la necessità di meglio rappresentare l'esperienza delle donne nel ruolo di subordinazione loro attribuito dalla società. L'avvio degli studi di genere ha così consentito di ampliare - problematizzandola - l'interazione tra donne e uomini affinché non si esaurisse nella sola appartenenza alla categoria del sesso, e dunque ad un dato biologico/anatomico, ma lambisse anche la dimensione sociale, ossia l'insieme delle norme, delle aspettative delle risorse che definiscono l'appartenenza sessuale di ciascuna e ciascuno di noi, contribuendo a costituire la nostra identità di genere nel corso della vita.

L'utilizzo del concetto di genere consente, in tal modo, di portare alla luce, in un dato tempo e luogo, le caratteristiche che vengono attribuite ai ruoli sessuali dalla società e dalla cultura e con esse i compiti attribuiti a tali ruoli e le asimmetrie di potere che generano diseguali possibilità ed opportunità.

In questa prospettiva il genere diventa una categoria analitica utilissima per il Diritto perché, nel definire continuamente ciò che è il femminile in relazione al maschile e viceversa, rende evidenti quelle differenze che hanno a che fare con le Opportunità le quali permangono nonostante l'uguaglianza fra i sessi sia giuridicamente sancita.

In questo significato, il Genere è innesco di cambiamento per il Diritto e quest'ultimo è, a propria volta, leva per il mutamento delle interazioni fra i generi. Per usare una bellissima espressione di Barbara Pezzini, Ordinaria di Diritto Costituzionale presso l'Università degli Studi di Bergamo, esiste una sorta di processo circolare per il quale "il genere costruisce il diritto e il diritto costruisce il genere".

Assumere una prospettiva di genere nella lettura dei fenomeni sociali e giuridici significa contemplare l'interazione tra i generi nella sua complessità, significa cogliere sia una dimensione sessuale del maschile e del femminile che una dimensione di ruolo dell'uomo e della donna.

E ancora, assumere, più specificatamente, una prospettiva di genere nella decodifica del fenomeno della violenza di genere significa riconoscere che le diverse forme in cui la violenza maschile sulle donne si esprime trascendono l'atto in sé ed il singolo contesto di relazione tra carnefice e vittima per assumere una “eccedenza" di significato che trova corrispondenza nella gerarchia di potere che alimenta continuamente le strutture sociali nelle quali siamo tutti immersi.

La violenza di genere, dunque, va prima di tutto riconosciuta e nominata in quanto tale. Solo allora sarà possibile pensare di sradicarla realmente.

Ecco che allora possiamo indagare e praticare esperienze civili inedite, in cui le parzialità entreranno in dialogo con altre parzialità, in cui il femminile ed il maschile si riscopriranno dentro una alleanza che darà voce ad una complessità duale.

Così è stato per One Billion Rising, un movimento su scala mondiale, nato dall'intuizione di Eve Ensler, autrice de “I monologhi della vagina”, che il 14 febbraio 2013 ha visto nelle piazze di tutto il mondo corpi femminili e maschili piegarsi, flessuosi come canne al vento, non per subire ma per danzare.

Un miliardo di donne che subiscono violenza almeno una volta nella vita (secondo i dati Onu) sono una atrocità, un miliardo di donne che danzano sulle note di Break the Chain in un’energia comune, in un atto gioioso e trasgressivo, sono una Rivoluzione.

E allora, che aspetti?
Balla, partecipa and Make a Promise!