Per molto tempo avevamo dimenticato l’esistenza dei numeri, confinandola ai ricordi del liceo e tutt’al più allo scontrino della spesa. Tutto d’un tratto, invece, eccoci bombardati: a partire dal bollettino di Borrelli delle 18, passando per il rapporto tra tamponi e contagiati, per arrivare al temuto e dibattuto “Rt”. I numeri, questi sconosciuti, sembrano essere tornati in tutta la loro austerità, puntualità, freddezza. I giornalisti non sembrano vedere l’ora di comunicarceli, inserendoli in un calderone esplosivo fatto di statistiche, a volte, dalla dubbia utilità o significato: “Non si vedeva un simile numero di contagi dalla prima ondata!”, “Oggi due morti in più di ieri!”.

Sui numeri – ormai ce ne saremo accorti – vengono prese decisioni. Decisioni spesso importanti, anzi importantissime: di quel genere che possono decretare la caduta di un governo, o di garantire la sicurezza di un intero paese. In altri termini, “La matematica è politica”: così la matematica italiana Chiara Valerio ha voluto recentemente intitolare un suo libro, nella speranza di divulgare il messaggio (magari ad un pubblico più vasto dei soliti nerd) che esiste un forte legame tra numeri e democrazia. Questo stesso legame è stato magnificamente esemplificato anche da Hykel Hosni nel suo “Probabilità (Come smettere di preoccuparsi e iniziare ad amare l’incertezza)”:
Una comprensione anche elementare del ragionamento probabilistico può aiutarci in molti casi a distinguere l’incertezza dal sentimento di paura che spesso la accompagna. Questa capacità di discernimento è fondamentale, tra le altre cose, all’esercizio attivo e consapevole della nostra cittadinanza.”

Mi sento di sottoscrivere l’invito di questi (e molti altri autori): la matematica non è oscura e difficile, e la sua comprensione è necessaria ad un corretto esercizio democratico. Lungi da me volervi dotare degli strumenti per una sua pur elementare comprensione in un così breve articolo (per questo vi rimando ai libri divulgativi di cui sopra), desidero comunque stuzzicare la vostra curiosità con qualche aneddoto e paradosso delle probabilità che forse troverete sorprendente.

L’effetto Angelina Jolie. Angelina Jolie è famosa. Molto. Per questo motivo, i più attenti ai tabloid (e non solo loro) sapranno già che nel 2013 l’attrice ha dichiarato di essersi sottoposta ad un intervento di mastectomia preventiva. Le sue ragioni derivavano, anche in questo caso, da numeri:
“My doctors estimated that I had an 87 percent risk of breast cancer and a 50 percent risk of ovarian cancer, although the risk is different in the case of each woman.”

Il test del DNA a cui Angelina si era sottoposta aveva cioè evidenziato una probabilità dell’87% di sviluppare un tumore al seno ed una probabilità del 50% di sviluppare il cancro alle ovaie nei 10 anni seguenti al test. Le ragioni alla base della sua scelta sono ovviamente comprensibili:
“I wanted to write this to tell other women that the decision to have a mastectomy was not easy. But it is one I am very happy that I made. My chances of developing breast cancer have dropped from 87 percent to under 5 percent. I can tell my children that they don’t need to fear they will lose me to breast cancer.”

La probabilità, dopo l’intervento, era scesa dall’87% al 5%: i suoi figli non avevano più bisogno di avere paura. Ma è proprio così che la paura genera mostri: l’eco data dai giornali a una notizia del genere ha causato negli anni a seguire un effetto a catena oggi noto come “effetto Angelina Jolie”, studiato ancora tutt’oggi. La questione, riassunta in poche parole, è che un numero impressionante di donne nel Regno Unito – verosimilmente spinte dalla paura – decisero di sottoporsi allo stesso intervento negli anni a seguire la notizia, ivi incluse quelle che non avevano la stessa mutazione genetica della Jolie, dunque forse soggette a un rischio molto minore di contrarre la stessa malattia. Ovviamente, essendo la materia molto complessa, è difficile trarne conclusioni nette. La lezione di cui fare tesoro, però, è chiara: la comprensione di un certo gergo (“test”, “probabilità”, “rischio”, spesso associate a relative percentuali) può aiutarci a prendere decisioni più precise di quanto non facciano quelle prese sulla base del solo vocabolario della paura.

Falsi positivi, falsi negativi. Un altro termine con cui abbiamo dovuto familiarizzare recentemente è quello di falso positivo (o negativo). Ebbene, sembra che il nostro intuito (compreso quello degli esperti!) si sbagli molto spesso quando si guarda a queste quantità. Supponiamo di avere un qualche dispositivo che ci permetta di identificare i terroristi nella popolazione di una data città (se credete che dispositivi del genere siano lontani dalla realtà, vi sbagliate di grosso!) molto popolosa. Il dispositivo sembra produrre una quantità di falsi positivi e negativi apparentemente molto contenuto: classifica correttamente sia terroristi che non-terroristi nel 99% dei casi. Supponiamo ora che un tizio dall’aspetto molto sospetto passi davanti alla telecamera e venga classificato come terrorista. PANICO! Ci troviamo davvero davanti a un soggetto potenzialmente pericoloso? Molti di voi, forse, risponderebbero – ricordando l’accuratezza del test – che questo è probabile al 99%. Sembra anche brutto, sporco, mal vestito: si, ne possiamo essere quasi certi, la probabilità potrebbe essere addirittura più alta! Ebbene, niente di più falso: essendo la nostra città molto popolosa (diciamo, 1 milione di abitanti) ed essendo i terroristi una minoranza (supponiamo che ce ne siano soltanto 100), la probabilità è invece molto bassa: basta qualche calcolo per giungere alla conclusione che si tratta soltanto dello 0.98%. Questo errore comune è noto come “la fallacia del tasso di base” ed è solo uno dei tanti errori in cui incappiamo quando parliamo di probabilità. Aggiungere pregiudizi su pregiudizi ad una fallacia è poi un gioco da ragazzi.

Con questi due esempi ho voluto invitarvi a riflettere quante (e quanto importanti) sono le decisioni che prendiamo sulla base di numeri e fatti “quantificabili” che a volte non capiamo fino in fondo. Che si parli di decisioni mediche, flussi migratori, debito pubblico o elezioni amministrative è davvero importante capirne qualcosa in più per essere cittadini più consapevoli e – in definitiva – liberi.